Di cosa si occupa LOVE?
LOVE è un’associazione fondata da un gruppo di amici che cerca, tramite concrete azioni di solidarietà e volontariato, di condividere la certezza che un mondo migliore è possibile. Un mondo dove non sia l’utile e il guadagno economico gli elementi che caratterizzano una vita ma la solidarietà, il rispetto e la crescita di sé. Crediamo in un mondo fatto di differenze che arricchiscono e non che devono essere uniformate e cancellate. La bellezza è nella diversità.
Che cosa rappresenta il Kosovo e Metohija per i serbi in Italia e questa organizzazione?
Al gruppo di amici iniziali, veneti, trentini e lombardi, si sono aggiunti poi altri amici da tutta italia e anche serbi dalla Croazia, Serbia e Bosnia. Su cosa rappresenta il Kosmet per i serbi siamo sicuri che le risposte siano le più varie, per quanto riguarda i soci dell’associazione non di origine serba, possiamo invece affermare che rappresenta un luogo fisico dove si fondono mito e storia.
Per noi è impressionante e allo tempo ammirevole vedere come sia così tanto diffuso ad esempio il quadro della ragazza di Kosovo che è solo un simbolo della consapevolezza dei serbi di essere un popolo, di avere una tradizione e una storia. Cosa che nel mondo “occidentale” non è per niente scontata e in particolare in Italia, dove molti popoli, a partire da quello Veneto hanno perso la consapevolezza delle proprie radici.
Quali sono i progetti finora realizzati per i serbi in Kosovo?
In Kosovo abbiamo realizzato a oggi diversi progetti coprendo un po’ tutta la regione. Da quelli più grandi per scuole e ospedali (l’impianto fotovoltaico presso la scuola di Velika Hoca, i generatori elettrici presso Silovo e Osojane ad esempio) a quelli più diretti verso le famiglie o i bambini delle enclavi.
Non siamo un’organizzazione internazionale con grandi fondi pubblici a disposizione, ricaviamo le nostre per di più dai nostri sostenitori che, nel tempo, sono cresciuti. Crediamo soprattutto per la passione che mettiamo nel nostro lavoro – perchè in fondo di questo si tratta anche se siamo tutti volontari – e dalla garanzia di seguire i progetti dall’inizio alla fine. Garantendo quindi in prima persona sull’utilizzo delle risorse che ci vengono donati.
Quali sono le attività in corso legate al KiM?
Siamo stati giusto qualche giorno fa in Kosovo per chiudere alcune iniziative: il progetto Fagiolo, con cui abbiamo donato del cibo alle Cucine Popolari; e il progetto Pomoc, per la fornitura di kit medici per l’assistenza a domicilio ad anziani al Poliambulatorio di Gracanica. E’ stata l’occasione anche per rafforzare i legami con altre associazioni con le quali abbiamo iniziato a collaborare qualche mese fa e stiamo ora valutando nuove iniziative e progetti nella regione.
In particolare stiamo studiando la fattibilità di alcuni progetti a Orahovac e Priluzjie. Oltre naturalmente a confermare lo sforzo per aiutare le Cucine Popolari e sostenere il grande lavoro di Svetlana.
Come vedete la situazione attuale in KiM?
Complicata. Senza una reale soluzione. E’ necessario avere pazienza, mantenere salde le proprie radici ma allo stesso tempo convivere con quella che è la realtà di fatto della regione oggi. Ci fanno sinceramente un po’ ridere tutti quelli che, specialmente serbi, parlano di una necessità di ripristino del conflitto, di lotta armata, di resistenza … e poi magari in Kosovo non ci sono mai nemmeno stati e quando raccogliamo i soldi per le Cucine Popolari o per comprare un po’ di materiale scolastico per i bambini delle enclavi non hanno nemmeno 10€ da donare …
Gli italiani hanno una immagine realistica di ciò accade in KiM?
No, la stampa fa il proprio mestiere: quello di vendere i giornali. E per vendere i giornali devono parlare e scrivere su ciò che va di moda. E il Kosovo non va di moda da molto, quindi gli unici articoli che escono sono il frutto di qualche giornalista che ha preso a cuore la situazione della regione o di qualche neofita che sta cercando di farsi le ossa come “inviato di guerra” … L’impressione generale è quella che i media e i film di hollywood hanno regalato a cavallo tra gli anni ’90 e 2000: i serbi sono i cattivoni e tutti gli altri le vittime.
Nel tempo abbiamo imparato che la storia è fatta di grigi e tutti hanno delle colpe per quello che è successo, compresi i serbi. Ma i bambini o i serbi che sopravvivono nelle enclavi o quelli che stanno cercando di tornare nelle proprie case dalle quali sono stati cacciati di sicuro colpe non ne hanno. Ecco perchè le nostre azioni, oltre a prevedere aiuti concreti, contemplano sempre una parte di “diffusione culturale”, cerchiamo sempre di condividere con tutte le persone che incontriamo, nei momenti di raccolta fondi, nelle serata, cene e in tutte le iniziative qual è la situazione oggi e perchè è importante impegnarsi. Anche in prima persona, venendo a visitare la regione. Periodicamente infatti organizziamo viaggi per persone che non sono mai state nella regione e qualche giorno nelle enclavi rende tutto molto più chiaro di qualsiasi libro o articolo.
qui il link per RTV Plus e l’intervista in serbo: http://rtvpuls.com/vesti/humanitarac_franceschini:_situacija_na_kim_bez_stvarnog_resenja/18303