Peter Handke, nobel controcorrente

Peter Handke è lo scrittore che ha vinto il premio Nobel per la letteratura 2019, lo ha vinto, nelle parole dei membri dell’Accademia di Svezia, «per il suo lavoro influente che con abilità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell’esperienza umana».

Lo scrittore austriaco, nato in Carinzia nel 1942 e che oggi vive a Parigi, non è stato solo l’autore di molti romanzi, saggi, testi teatrali, e sceneggiatura di film memorabili come Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders ma è stato anche un infaticabile e prezioso testimone dei tristi accadimenti che hanno sconvolto i Balcani negli anni 90 e soprattutto successivamente delle vessazioni subite dalle minoranze isolate in enclavi protette dalla NATO in Kosovo e Metochia.

Dalla Carinzia scese fino al piccolo villaggio di Velika Hoca, poco distante da Prizren, famoso già nell’impero Ottomano per la produzione di vino (di cui la famiglia Petrovic, che l’ha ospitato e che produce vino in quelle terre da generazioni, conserva ancora la bolla imperiale del Sultano con il permesso a produrre il nettare divino) e qui, dall’idea di un semplice resoconto di un viaggio, nasce «I cuculi di Velika Hoca» un racconto diverso, da parola ha chi più non ce l’ha.

«Volevo scrivere un reportage da vero giornalista— disse — ma a un certo punto ho smesso di fare domande e scrivere risposte e il libro è diventato qualcos’altro, una testimonianza, una riflessione» e continua «è una popolazione(i serbi, ndr) che ha subito e sta subendo ogni genere di sopruso e violenza dai nuovi despoti della regione. Se non reagissi a quest’ingiustizia fatta a un popolo e di cui anch’io mi sento responsabile, non potrei considerarmi uno scrittore. Mi sento in dovere di raccontare i perdenti; perché solo i perdenti sognano un futuro migliore. I vincitori non sognano più».

E questa visione fuori dal coro l’ha sempre riportata in tutte le sue testimonianze, rompendo spesso e volentieri quel tappo arruginito di politically correctness che vede il mondo diviso tra buoni e cattivi: «Non potevo e non posso sopportare i falsi preconcetti secondo i quali i criminali di guerra, gli aguzzini, i cecchini, i campi di concentramento erano sempre soltanto serbi, quando in realtà nessuno da nessuna parte si è risparmiato in torture, in ammazzamenti e pulizie etniche. Ma il coro degli inviati speciali era ed è sempre uniforme, come era ed è uniforme il coro dei politici stranieri in visita».

Dal termine del conflitto e dalle sue visite all’enclave (qui il video durante una sua visita: https://youtu.be/Kqpuznq2Zw0) la situazione non è poi molto cambiata e la pulizia etnica continua, non con le armi magari, ma in maniera dolce: con piccole vessazioni quotidiane, difficoltà burocratiche, insicurezza nel poter girare liberamente …

Oltre a essere orgogliosi di avere avuto la possibilità di incontrare un grande poeta e felici che gli sia stato riconosciuto il valore che merita, speriamo vivamente che questa notizia possa riportare i riflettori della stampa sulla terribile situazione che le minoranze vivono ancora oggi in Kosovo e che, proprio in questi giorni, vede la possibilità di un Governo guidato non più da terroristi dell’Uck ma da estremisti che, se possibile, sono ancora peggio con la loro storia di “zero accordi con la Serbia” e il sogno di una Grande Albania etnicamente uniforme dove per i serbi, e per tutte le altre minoranze che compongono il complesso mosaico kosovaro, non ci sarà posto.

 

 

 

 

 

 

NEWSLETTER

Iscriviti alla newsletter per essere informato sulle attività di LOVE Onlus