Tra il 16 e il 18 maggio 2014 una vera e propria bomba d’acqua si è rovesciata sui Balcani, in particolare su Bosnia e Serbia, che ha lasciato dietro di se devastanti allagamenti, cinquanta morti e centinaia di dispersi, decine di migliaia di sfollati e intere città sommerse. Si parla di trecento litri di pioggia per metro quadro che hanno fatto raggiungere al cataclisma il triste primato di “peggior alluvione degli ultimi centoventi anni” … In Bosnia e in Serbia l’emergenza continua, anche se sono cambiati gli obiettivi rispetto i primi giorni: all’inizio infatti si trattava di porre in salvo il maggior numero di persone da villaggi e città completamente sommersi da metri d’acqua e fango; oggi si tratta di continuare a fornire assistenza a decine di migliaia di sfollati che hanno perso tutto e raccolti in circa centoquaranta strutture d’emergenza; oltre a fornire cibo, acqua pulita, energia (in Serbia la principale centrale elettrica del paese, al Nikola Tesla, è stata pesantemente colpita riducendo notevolmente la propria produzione); evitare il rischio di epidemie dovuto alla moltitudine di carcasse di animali e in Bosnia addirittura la necessità di ri-mappare le zone con pericolo di mine antiuomo del conflitto 92-95 che i fanghi e l’acqua hanno smosso. Anche se in molte molte zone le acque si stanno ritirando, il deflusso rimane molto lento e la nuova ondata di maltempo di questa settimana ha causato nuove frane e blackout. Le infrastrutture sono al collasso: strade distrutte, bloccate da detriti o inagibili; ponti crollati; la linea ferroviaria pesantemente danneggiata. Il settore agricolo è in ginocchio. L’Unione Europea ha stanziato un fondo di sostegno di 65 mln di euro ma una prima stima, per difetto, dei danni a infrastrutture, economia e privati supera il miliardo di euro. La solidarietà si è intanto mossa da tutto il mondo, in prima fila la Russia, e c’è urgenza di cibo, acqua, servizi igienici, medicinali, vestiti.